La pratica specialistica quotidiana ci pone di fronte, sempre con maggior frequenza, a pazienti di tutte le età e di ambo i sessi che presentano una reattività emotiva sproporzionata nei confronti dei procedimenti terapeutici, cui dovrebbero sottoporsi.
L’odontoiatra troppo facilmente relega tali pazienti tra quelli che “è meglio affidare al collega del palazzo a fianco” o che certamente non si preferisce avere in cura. Essendo inaccettabili entrambe le soluzioni, per tali pazienti è opportuno formulare due diagnosi distinte, una semplice e rapida che è quella odontoiatrica e che prevede una terapia facilmente realizzabile, l’altra di ordine psicologico. Quest’ultima è senz’altro più difficile e complessa sia come diagnosi sia come terapia, necessitando oltre che di una conoscenza specifica, anche di una particolare sensibilità da parte dello specialista. Tale situazione emotiva, occorre ricordare e sottolineare, può influire in senso negativo sulla sintomatologia specifica, complicando la diagnosi stomatologica.
Lo stress
Il tipo di paziente sin qui menzionato è, in genere, identificabile come soggetto in preda a stress. Secondo Yates lo stress è definibile come qualsiasi stimolo interno ed esterno, chimico, fisico od emotivo che ecciti i neuroni ipotalamici a rilasciare l’ormone “corticotropina rilasciante” (CRH) a tassi più alti di quelli riscontrabili in assenza di stimolo, alla stessa ora del giorno. L’ormone ipotalamico induce il rilascio da parte ipofisi dell’ACTH che agendo sulla corteccia surrenale innalza il tasso sierico di glucorticoidi. L’alto livello plasmatico dei 17 idrossilati, unito all’attivazione diffusa dei sistemi neuronali dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, provoca l’aumento delle catecolamine endogene con i conseguenti effetti fisici.
Le cause inducenti stress in questi pazienti sono legate fondamentalmente a fattori emotivi di notevole intensità e, apparentemente non giustificati.
Le principali componenti emozionali chiamate in causa nel paziente odontoiatrico sono in particolare l’ansia e la paura. L’ansia può essere definita come una sensazione spiacevole di apprensione o di incombenza di pericolo, che sopravviene per una minaccia che, secondo standards ragionevoli, risulta sproporzionata alla risposta emotiva che provoca. Questa può anche sopravvenire in assenza di una minaccia riconoscibile. Per esempio, pazienti che richiedono un trattamento odontoiatrico, se prevedono che la visita specialistica possa provocare sensazioni spiacevoli, spesso incorrono in uno stato di ansia. La paura, invece, è una risposta emotiva ad un pericolo evidente che minaccia il soggetto. La paura si distingue dall’ansia, quindi, in termini di rapporto di tempo con una minaccia reale ed imminente. La tensione del paziente prima di una iniezione anestetica o di una trapanazione contiene considerevoli elementi di paura. Le manifestazioni di
tensione del paziente, invece che prevedono un intervento di tipo odontoiatrico in un futuro più o meno lontano meritano più propriamente la denominazione di ansia. Queste due condizioni psicofisiche riconoscono una precisa etiologia legata a fattori di ordine culturale e di ordine psicologico.
Componenti culturali e psicologiche
Per componenti si intendono quelle apprese dalla tradizione popolare, dai mass-media, dai genitori. Nelle tradizioni popolari, anche dell’età moderna preantisettica e preanestetica, troviamo esempi di terrore verso tutte le branche della chirurgia e, quindi, soprattutto verso l’odontoiatria; le scene di disperazione e di angoscia dei malati chirurgici del secolo scorso sono rimaste scolpite profondamente nel nostro bagaglio emozionale e culturale. Ai mass-media compete oggi notevole importanza nella nuova collocazione che una bocca sana assume nella società contemporanea.
La sensibilità individuale viene di continuo sollecitata riguardo l’importanza di un sorriso smagliante come simbolo di giovinezza; mantenimento dell’autostima e delle proprie difese psicologiche, l’esperienza odontoiatrica può essere vissuta come una grave minaccia per la propria integrità fisica. Il ruolo dei genitori, infine, appare evidente nella formazione della “coscienza odontoiatrica” del bambino e buona parte della tranquillità, con la quale il piccolo prima e l’adulto poi affronterà la poltrona del dentista, dipenderà dall’influenza familiare. Spesso si è osservato, che il dentista veniva usato quale deterrente per ottenere, sotto l’effetto della minaccia di essere immediatamente affidato alle sue mani, la pronta obbedienza da parte del bambino. Capiamo, in questi casi, quale può essere lo stato d’animo con il quale, il potenziale piccolo paziente potrà in futuro sottoporsi alle cure di un odontoiatra. Per componenti psicologiche si intendono, invece, quell’insieme di ricordi, proiezioni, identificazioni che fanno del dente qualcosa di più del semplice elemento anatomico e che, quindi, possono trasformare in qualcosa di diverso l’atto medico della visita odontostomatologica.